Santo La Causa collabora con la giustizia. Trema la Catania criminale

foto: catania.blogsicilia.it
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Catania, 12 Maggio 2012 – È stata definita come un vero e proprio terremoto la decisione di collaborare con la giustizia dell'ultimo dei “pentiti eccellenti” della Cosa Nostra catanese.
A “pentirsi” - e le virgolette in questi casi sono d'obbligo, dato che non si capisce mai dove finisca il pentimento vero e dove inizino gli sconti di pena – stavolta è Santo La Causa (nella foto), condannato per associazione mafiosa nel 2001 e poi per estorsione aggravata latitante fino al 2009, data del suo arresto, avvenuto mentre stava organizzando un summit a Belpasso per ridefinire le gerarchie interne al clan. Fino a quella data, il suo nome compariva nella lista dei trenta ricercati più pericolosi d'Italia. Sarebbe stato lui a reggere le sorti del clan dei Santapaola.
La decisione di passare dall'”altra parte della barricata” sarebbe stata presa dal boss lo scorso 5 maggio, quando La Causa ha iniziato a collaborare con il procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro ed i sostituti procuratori Giuseppe Gennaro, Antonino Fanara e Agata Santonocito e resa nota solo ieri, durante il processo d'appello scaturito dall'operazione “Plutone”.

Detenuto agli inizi degli anni Novanta presso l'Asinara e poi al Pagliarelli di Palermo, nel 2000 viene coinvolto dall'operazione “Orione” che ha coinvolto ben sessanta appartenenti al clan. Già allora, secondo le ricostruzioni fatte dagli inquirenti, La Causa avrebbe ricoperto un ruolo chiave all'interno della famiglia.
Nel 2005 la Corte di Appello catanese gli infligge altri sette anni di reclusione con l'accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso, pena indultata l'anno successivo. Da quel momento del boss si perdono le tracce.

Secondo alcuni collaboratori di giustizia, il boss era «uno in grado di fare tremare Catania, per carisma ed intelligenza». Vedremo nei prossimi mesi, dunque, se quello che adesso viene annunciato come un vero e proprio terremoto si rivelerà tale.

E mentre La Causa si “pentiva”, gli uomini della squadra mobile mettevano le manette al 63enne Giuseppe Garozzo, detto “Pippu 'u maritatu”, arrestato con altri venti uomini appartenenti al suo clan, la cosca dei Cursoti, che Garozzo stava tentando di riorganizzare.
Oltre agli arresti catanesi, che dovranno rispondere dei reati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti e detenzione di armi da guerra, c'è da registrare anche un fermo in Piemonte, dove la cosca si stava espandendo.